venerdì 6 giugno 2008
Federalismo e identità: così la Catalogna fa la fortuna della Spagna
Posted on 4:59 PM by DF
La prima volta che sono andato in Spagna era agli inizi degli anni Sessanta quando ci volevano il visto e una buona dose di spirito dell’avventura. Da allora ci sono tornato tante volte da turista e ne ho registrato i cambiamenti.
Le scorse settimane ci sono andato proprio con lo scopo di infliggermi il doloroso compito di capire perchè lì il mondo sia andato avanti e da noi sia rimasto fermo. L’ho fatto scegliendo la Catalogna per trovare la massima analogia con la nostra realtà. Come la Padania è divisa in 8 regioni amministrative, il Paese catalano lo è in tre Comunità (la Catalogna propriamente detta, Valencia e le Baleari) e un pezzo di Aragona, in uno Stato indipendente (Andorra), un porzione di Francia (il Rossiglione) e un angolo di Sardegna (Alghero). Le similitudini sono tante: la Generalitat (Barcellona) ha circa la metà di tutta la popolazione catalana, la Lombardia un terzo di quella padana; entrambe le aree sono le più progredite, ricche ma anche intasate di immigrati dei due paesi.
40 anni fa la Spagna – Catalogna compresa - era un paese arretrato e povero: le sue strade erano oggetto di sarcasmo per tutta Europa, aveva ferrovie da Far West e le sole automobili locali erano poche migliaia di Seat 600 e alcuni ridicoli “minicoches” Biscuter o PTV, oggi oggetto di collezionismo come le Trabant. L’Italia (la Padania) era invece il quinto produttore di auto e si stava dotando della più efficace rete autostradale del continente. Tutto il resto seguiva lo stesso trend.
Oggi tutto è rovesciato. La Catalogna è stipata di Suv e di autostrade, e le strade ordinarie sono una meraviglia. L’intera regione è collegata con linee ferroviarie con caratteristiche (frequenza, puntualità, capacità) di metropolitane: il solo segno di “famigliarità” che possiamo cogliere sono i graffiti. Le linee metro di Barcellona sono il doppio di quelle di Milano. Il paese è pulitissimo, con sistemi di raccolta differenziata efficienti: soprattutto i centri minori fanno invidia agli svizzeri: le spiagge vengono “scopate” tutte le mattine e una deiezione canina fuori posto costa fino a 750 Euro.
Gli immigrati sono tanti ma non ci sono cinesi che espongono merce sui marciapiedi o zingari palesemente interessati alle altrui proprietà. I ristoranti espongono i prezzi, tutto costa meno e i casellanti dicono grazie e salutano.
Ma è soprattutto l’aspetto identitario a lasciare meravigliati e frustrati. La toponomastica è locale, simboli e bandiere catalane imperversano. La lingua è ovunque: in Padania la Repubblica riconosce solo qualche blando diritto al friulano. Sulla Rambla di Barcellona la Generalitat ha aperto una libreria in cui si trova tutto ciò che è catalano e catalanista, dai volumi d’arte ai manifesti, dai libri di storia fino a pubblicazioni decisamente indipendentiste. Come se la Regione Lombardia in Galleria vendesse i Quaderni Padani.
Tutto questo è frutto dell’autonomia e delle enormi risorse che la Catalogna si trattiene senza darle a Madrid. Ma è soprattutto il risultato del cuore e delle idee, della voglia di “fisicizzare” la libertà e l’identità. Del sentirsi catalani nella cultura prima ancora che nel portafoglio.
I soldi sono fondamentali ma occorre gestirli con intelligenza.
Al porto di Barcellona – pulito e ordinato – a ricevere i traghetti ci sono due poliziotti e due Guardia Civil. A Genova salgono a bordo 4 agenti a controllare i documenti (il traghetto parte da Tangeri ed è normale), all’uscita ce ne sono altri 4 o 5 e altrettanti finanzieri. Non è finita: poco più in là fra cartacce, furgoni mal posteggiati e anche un carrello di supermercato, staziona una dozzina di agenti in borghese che fermano tutti per chiedere da dove si arriva, cosa si è andati a fare e dove si va. Lo fanno senza altro segno di riconoscimento che la mitica paletta (icona dell’italico potere), sicuramente a fin di bene e per scoraggiare ingressi clandestini, ma anche alla faccia dell’efficienza (più di una ventina di agenti contro 4), di Schengen, dei diritti costituzionali e della buona educazione. Ecco la differenza con la Catalogna.
Ma coraggio: sugli edifici più alti del porto di Genova sventola la Croce di San Giorgio. Prendiamolo come segno di buon auspicio e di speranza.
Le scorse settimane ci sono andato proprio con lo scopo di infliggermi il doloroso compito di capire perchè lì il mondo sia andato avanti e da noi sia rimasto fermo. L’ho fatto scegliendo la Catalogna per trovare la massima analogia con la nostra realtà. Come la Padania è divisa in 8 regioni amministrative, il Paese catalano lo è in tre Comunità (la Catalogna propriamente detta, Valencia e le Baleari) e un pezzo di Aragona, in uno Stato indipendente (Andorra), un porzione di Francia (il Rossiglione) e un angolo di Sardegna (Alghero). Le similitudini sono tante: la Generalitat (Barcellona) ha circa la metà di tutta la popolazione catalana, la Lombardia un terzo di quella padana; entrambe le aree sono le più progredite, ricche ma anche intasate di immigrati dei due paesi.
40 anni fa la Spagna – Catalogna compresa - era un paese arretrato e povero: le sue strade erano oggetto di sarcasmo per tutta Europa, aveva ferrovie da Far West e le sole automobili locali erano poche migliaia di Seat 600 e alcuni ridicoli “minicoches” Biscuter o PTV, oggi oggetto di collezionismo come le Trabant. L’Italia (la Padania) era invece il quinto produttore di auto e si stava dotando della più efficace rete autostradale del continente. Tutto il resto seguiva lo stesso trend.
Oggi tutto è rovesciato. La Catalogna è stipata di Suv e di autostrade, e le strade ordinarie sono una meraviglia. L’intera regione è collegata con linee ferroviarie con caratteristiche (frequenza, puntualità, capacità) di metropolitane: il solo segno di “famigliarità” che possiamo cogliere sono i graffiti. Le linee metro di Barcellona sono il doppio di quelle di Milano. Il paese è pulitissimo, con sistemi di raccolta differenziata efficienti: soprattutto i centri minori fanno invidia agli svizzeri: le spiagge vengono “scopate” tutte le mattine e una deiezione canina fuori posto costa fino a 750 Euro.
Gli immigrati sono tanti ma non ci sono cinesi che espongono merce sui marciapiedi o zingari palesemente interessati alle altrui proprietà. I ristoranti espongono i prezzi, tutto costa meno e i casellanti dicono grazie e salutano.
Ma è soprattutto l’aspetto identitario a lasciare meravigliati e frustrati. La toponomastica è locale, simboli e bandiere catalane imperversano. La lingua è ovunque: in Padania la Repubblica riconosce solo qualche blando diritto al friulano. Sulla Rambla di Barcellona la Generalitat ha aperto una libreria in cui si trova tutto ciò che è catalano e catalanista, dai volumi d’arte ai manifesti, dai libri di storia fino a pubblicazioni decisamente indipendentiste. Come se la Regione Lombardia in Galleria vendesse i Quaderni Padani.
Tutto questo è frutto dell’autonomia e delle enormi risorse che la Catalogna si trattiene senza darle a Madrid. Ma è soprattutto il risultato del cuore e delle idee, della voglia di “fisicizzare” la libertà e l’identità. Del sentirsi catalani nella cultura prima ancora che nel portafoglio.
I soldi sono fondamentali ma occorre gestirli con intelligenza.
Al porto di Barcellona – pulito e ordinato – a ricevere i traghetti ci sono due poliziotti e due Guardia Civil. A Genova salgono a bordo 4 agenti a controllare i documenti (il traghetto parte da Tangeri ed è normale), all’uscita ce ne sono altri 4 o 5 e altrettanti finanzieri. Non è finita: poco più in là fra cartacce, furgoni mal posteggiati e anche un carrello di supermercato, staziona una dozzina di agenti in borghese che fermano tutti per chiedere da dove si arriva, cosa si è andati a fare e dove si va. Lo fanno senza altro segno di riconoscimento che la mitica paletta (icona dell’italico potere), sicuramente a fin di bene e per scoraggiare ingressi clandestini, ma anche alla faccia dell’efficienza (più di una ventina di agenti contro 4), di Schengen, dei diritti costituzionali e della buona educazione. Ecco la differenza con la Catalogna.
Ma coraggio: sugli edifici più alti del porto di Genova sventola la Croce di San Giorgio. Prendiamolo come segno di buon auspicio e di speranza.
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1 Response to "Federalismo e identità: così la Catalogna fa la fortuna della Spagna"
Ho scoperto questo post e voglio dire qualche cosa. Prima volglio dire che io sono nato nella Catalogna, molti di noi abbiamo un senso di catalanità perche pensiamo sulla Catalogna come un paese non come una regione della Spagna.
Poi dire che non è certo che i soldi che abbiamo siano i soldi che noi ci tratteniamo. Invece questi soldi sono quelli che Madrid ci manda secondo la legge conosciuta come 'Estatut d'autonomia de Catalunya'. L'unica regione che trattiene i soldi che vuole sono i paesi baschi.
Aggiugere che ci sono problemi, le autostrade sono care (infatti sono delle più care della Spagna). Le ferrovie non sono così puntuali. Magari dei servizi che hai detto l'unico che funziona più o meno è la metro.
Il mio italiano non è una meraviglia, ma si volete vi poso tradurre questo post in catalano ;)
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