mercoledì 6 luglio 2011

Il Comune di Milano adotta la linea dura contro gli abusivi nei parcheggi per disabili

Dopo la vicenda della mamma di una bimba tetraplegica di Milano, l'assessore alla Polizia locale e alla coesione sociale, Marco Granelli annuncia sanzioni e rimozioni forzate. Tra le proposte anche dei sensori per riconoscere le vetture parcheggiate
MILANO - Dopo la disavventura di una mamma di una bimba tetraplegica di Milano che per ben quattro volte ha ritrovato le ruote della propria auto forate per aver chiamato i vigili quelle volte che trovava il posto auto riservato per disabili occupato, il Comune di Milano adotta misure dure contro le infrazioni. Sul quotidiano La Repubblica, le decisioni dell'assessore alla Polizia locale e alla coesione sociale, Marco Granelli che stabiliscono priorità assoluta alla rimozione forzata delle auto parcheggiate abusivamente negli spazi riservati ai disabili. L'assessore, spiega il quotidiano, conta anche di installare sensori presso le aree di sosta in grado di riconoscere quando un veicolo parcheggiato non è munito di autorizzazione. "Stiamo analizzando i diversi sistemi in commercio - ha spiegato Granelli - perché ogni parcheggio ha caratteristiche diverse e bisogna trovare meccanismi idonei per ogni situazione". Il piano di interventi verrà realizzato con la collaborazione dell'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. "Abbiamo contattato le associazioni di disabili, e di chi lavora in questo ambito - ha precisato Granelli - in particolare Franco Bomprezzi, portavoce di Ledha". Nonostante non siano stati ancora stabiliti i costi per dotare i posteggi di dispositivi elettronici, dall'assessore arrivano delle promesse che fanno ben sperare. "Con questi interventi e con una campagna di sensibilizzazione che stiamo approntando, vogliamo aiutare la città a essere più attenta a tutti - ha detto Granelli - perché è una questione di dignità. Noi stiamo facendo la nostra parte come istituzioni, chiediamo la collaborazione dei cittadini per dare un segnale di civiltà".

Come convivere (ancora per un po') con il fossile

ricevo e pubblico

Come saranno gli scenari energetici italiani dopo l'archiviazione via referendum del nucleare? Partiamo dai dati. Nel 2010 in Italia il consumo totale di energia primaria è stato di 131,8 Mtep di cui circa il 90% di origine fossile (con il 5% di importazione e il 5% di rinnovabili, principalmente idroelettrico). Nei suoi obiettivi più ambiziosi il governo italiano prevede un contributo dalle fonti rinnovabili per il 20% nel 2020 (17,1% nel riscaldamento, 26,4% produzione elettrica e 10,1% trasporti). Si può anche sospettare non il massimo di buona volontà in questo obiettivo, ma ci sono aspetti strutturali che vanno considerati e in base ai quali nel medio periodo (20 anni) anche le previsioni più ottimistiche sull’ascesa della quota rinnovabile non possono discostarsi dal 20%.
L’energia rinnovabile, per la produzione di energia elettrica, ha caratteristiche strutturali, nelle tecnologie attualmente disponibili a livello industriale, che ne limitano lo sviluppo. Vediamole.
L'energia rinnovabile da solare ed eolico non è, oggi, immagazzinabile; la domanda è molto variabile con differenze tra massimo e minimo dell’ordine del 50%; per questo si può prendere quello che si produce fino a percentuali limitate, assorbibili dal sistema: con percentuali elevate potrebbe produrre quando non c’è consumo e non essere disponibile quando c’è la domanda (ciò vale in particolare per l’eolico mentre per il fotovoltaico la produzione di energia non è immagazzinabile ma almeno è prevedibile).

Il solare e l’eolico per la produzione elettrica sono molto costosi, circa 3-4 volte il costo dell’energia da fonti tradizionali, e il fatto che il produttore tragga un utile è solo dovuto agli incentivi che non sono altro, oggi, che tasse mascherate. Per arrivare a percentuali maggiori di contributo alla produzione, gli incentivi verrebbero a gravare in modo insostenibile su privati e aziende.

L’energia idroelettrica è l’unica forma di energia rinnovabile oggi immagazzinabile (il solare a concentrazione sta maturando e potrà essere disponibile non prima di un decennio a scala industriale) e presenta un grande potenziale di miglioramento in quanto gli impianti produttivi risalgono a decenni fa: quanto è reso disponibile dalla tecnologia moderna (materiali, forme, elettronica) può incrementare notevolmente la produzione e renderla disponibile quando serve.

Per la produzione di energia termica, invece, i pannelli solari costituiscono una fonte economica consolidata, che però richiede una elevata professionalità progettuale e artigianale per dare risultati significativi.

In base a queste considerazioni si ricava che passare dal 5 al 20% di rinnovabili entro il 2020 è già un obiettivo ambizioso, che ci costringerà comunque a convivere con il fossile ancora a lungo. Come si può fare allora a ridurne gli effetti indesiderati?

Incrementare l’efficienza degli impianti produttivi: abbiamo centrali termoelettriche vecchissime, superate tecnologicamente, per circa 7000 MW (il Ministero dell’Ambiente, che parla sempre di BAT “Best available technologies” cioè migliori tecnologie disponibili, ne tollera l’esercizio su pressione dei produttori che vogliono mantenere la loro rendita ). Questi producono con un’efficienza media del 32% mentre una centrale supercritica oggi produce con il 45% e, se si adotta il ciclo combinato, si arriva al 58%, cioè quasi metà degli inquinanti e del CO2 per la stessa produzione di kWh;

Ridurre la domanda di energia a parità di benessere, con una maggiore politica di risparmio: nell’edilizia le detrazioni fiscali del 2008 hanno riguardato meno dell’1% delle unità immobiliari e hanno consentito un risparmio corrispondente alla produzione di una centrale come quella della città di Genova. Le case italiane (e soprattutto gli edifici pubblici) consumano almeno 10 volte quello che la tecnologia di oggi e semplici interventi realizzabili da un’infinità di imprese e di artigiani consentirebbero di evitare. Nell’industria il tempo di ritorno previsto per gli investimenti è molto ridotto (circa 3 anni), a causa di ciò molti investimenti di risparmio energetico non vengono effettuati; un incentivo mirato potrebbe rendere realizzabili numerosi interventi di risparmio energetico, oggi rinviati.

Impiegare materiali meno inquinanti: il gas naturale ha strutturalmente una combustione con meno prodotti inquinanti, per cui dovrebbe essere usato ovunque sia impossibile usare sistemi di abbattimento degli inquinanti (es. trasporti, consumi domestici, riscaldamento nell’edilizia). Il carbone è da scartare dal punto di vista ambientale (ha una produzione di inquinanti molto maggiore degli altri combustibili e per il CO2 arriva addirittura al doppio). A favore del carbone c’è solo l’argomento strategico di aumentare le alternative di approvvigionamento per la scarsa affidabilità dei fornitori di gas naturale all’Italia (e per la insufficiente disponibilità di impianti di gassificazione del gas liquido). Va anche considerato che il carbone è la fonte di combustibile in maggiore sviluppo al mondo (la Cina da sola produce 3 miliardi di tonnellate). Ciò che va comunque sostenuto è che le centrali a carbone - laddove si rivelino necessarie per una transizione verso forme di energia più pulita - siano collocate lontano da siti urbani o di grande valore paesistico.

da Roberto Cuneo

lunedì 14 marzo 2011

Arresti 'Ndrangheta, il contributo della PL

Per De Corato "dalla collaborazione del Comune con la Regione Lombardia, e' nata infatti una legge, in vigore da sabato, per consentire oltre alla sanzione, anche il sequestro del veicolo utilizzato nell'esercizio illecito del commercio itinerante. Il Comune, e' proprio il caso di dirlo, ci ha visto giusto, al punto che dopo l'annuncio della nuova legge i 'paninari' vennero persino a Palazzo Marino a protestare contro il sottoscritto''.

''Questa vasta operazione - osserva De Corato - conferma che la guardia e' sempre alta, come testimonia il contributo della Polizia Locale e le iniziative intraprese dagli uffici comunali per respingere tentativi di infiltrazione. Ricordo che nel 2000, quando ero assessore ai Lavori Pubblici, Milano ha introdotto, primo Comune in Italia, i patti di integrita' per garantire trasparenza e correttezza nelle gare d'appalto e contrastare corruzione e pratiche illecite".

"Iniziativa che ha portato, dal 2002 ad oggi, a 433 esclusioni dalle gare pubbliche per cartelli che hanno coinvolto 160 imprese e altre 333 esclusioni per 152 imprese responsabili di altri gravi reati. Per un importo complessivo di 500 milioni e 31 sentenze di condanna gia' emesse'', conclude De Corato.


Fonte: Libero-News

“SE I POLIZIOTTI INDAGANO SENZA DIRLO AI PM”, di Luigi Ferrarella

Nell’annacquare l’attuale dipendenza funzionale dal pm delle polizie giudiziarie, gerarchicamente dipendenti dai vertici di sicurezza espressi dal potere esecutivo, l’annunciata riforma della giustizia è davvero «epocale» : nel senso che vuole tornare a un’altra epoca, a prima del codice del 1989, quando le varie polizie indagavano da sole, subivano ipoteche politiche, e riferivano al magistrato quando pareva loro. Da un ventennio, invece, il dettato costituzionale dell’articolo 109 («l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria» ) è tradotto da norme che le impongono di comunicare «senza ritardo» la notizia di reato al pm, titolare sia della direzione delle indagini sia di un autonomo potere di acquisire notizie di reato. Ora la riforma cancella quel direttamente e cambia l’articolo 109: «Giudice e pm dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge» ordinaria, una delle 11 che saranno varate a corredo della riforma. E cosa dirà la legge? Lo si può già immaginare perché sul punto esiste il disegno di legge Alfano sul processo penale presentato dal governo il 6 febbraio 2009, che vieta al pm di prendere diretta cognizione di notizie di reato che riceverebbe solo dalla polizia giudiziaria, la quale salvo casi particolari potrà svolgere indagini per 6 mesi senza riferire al pm. La relazione accompagnatoria al ddl caldeggia questo nuovo assetto pm-polizie perché porrebbe «i presupposti di una maggiore concorrenza e controllo reciproci» : come se le indagini sui reati fossero un «mercato» nel quale incentivare la «concorrenza» tra inquirenti. E, soprattutto, come se gli agenti di polizia giudiziaria, la cui carriera dipende dai vertici nominati dai ministeri dell’Interno, Difesa e Economia, dovessero controllare i pm.
Il condizionamento di tempi e modi delle indagini attraverso il controllo delle notizie di reato e degli inquirenti si salda peraltro alla modifica dell’obbligatorietà dell’azione penale: riforma che, per rimediare alla discrezionalità di fatto dei pm nel selezionare le indagini nel mare di reati previsti dal codice, non procede a una seria e mirata depenalizzazione di condotte sanzionabili diversamente, ma lascia scritti nel codice tutti i reati, per poi però affidare alla relazione del Guardasigilli e a un voto del Parlamento il nuovo potere di dettare ai pm quali reati siano «più» reati degli altri, e dunque da privilegiare.

domenica 13 marzo 2011

Spray al peperoncino in dotazione ai Ghisa

tratto dal Corriere della Sera

MILANO - Spray al peperoncino per la polizia locale milanese. È la sperimentazione che prenderà il via tra una decina di giorni nel capoluogo lombardo. «Entro una decina di giorni arriveranno 26 dispositivi - ha dichiarato il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato - già ordinati, che verranno dati in uso a vigili istruttori di difesa personale e tecniche operative. Se il test si rivelerà positivo verrà presa in considerazione l'estensione della fornitura a tutti gli agenti che effettueranno servizi esterni sia per la sicurezza sia per la mobilita». Lo spray urticante scelto per i vigili di Milano è uno dei pochi omologati dal Viminale, in libera vendita nei negozi: si tratta di «key defender», ovvero uno strumento la cui modalità di erogazione della sostanza urticante avviene tramite getto conico. I modelli a getto balistico sono infatti vietati e rischierebbero di esporre gli agenti al rischio di denunce per porto abusivo d'arma. De Corato ha tenuto a precisare che lo spray non sarà uno strumento di offesa, ma di tutela dell'incolumità personale dei vigili, ricordando che nel 2009 sono state 153 le aggressione patite dai «ghisa» nelle operazioni di servizio a contrasto di abusivi, clandestini e ubriachi, calate nel 2010 a 110.

PISAPIA: SBAGLIATO MILITARIZZARE - «I cittadini hanno bisogno di istituzioni che comunichino serenità, e non di un vicesindaco che agita continuamente gli spettri della paura perché non ha altre idee da proporre alla città», è il commento di Giuliano Pisapia, candidato sindaco di Milano per il centrosinistra. «Il vicesindaco De Corato descrive una città perennemente sull'orlo della violenza - ha osservato Pisapia - ha un'idea cupa di Milano, ma la realtà è diversa: Milano non è una città pericolosa, e per questo ci sono già polizia e carabinieri che svolgono bene il loro lavoro». «Questo costante tentativo di militarizzare il corpo dei vigili urbani è sbagliato - ha concluso Pisapia - gli stessi vigili hanno spesso manifestato perplessità e imbarazzo al riguardo. I vigili hanno molti compiti da svolgere, l'ordine pubblico è solo un aspetto».


MAJORINO: PENSI A DARE LE DIVISE - «Invece di dare gli spray ai vigili, la Giunta Moratti pensi a dare le divise ai vigili, visto che il centrodestra ha proposto di tagliarle dal bilancio», è la critica del capogruppo Pd in consiglio comunale Pierfrancesco Majorino. A quanto riferito dal Pd, il centrodestra avrebbe infatti messo sul tavolo della trattativa per arrivare all'approvazione del bilancio un taglio al capitolo che riguarda le divise dei vigili urbani. Ma al di là della contesa sulla manovra, il Pd ha bocciato senza appello la sperimentazione degli spray al peperoncino. «Sono le solite fesserie di De Corato - ha attaccato Majorino - che dovrebbe spiegarci perché lui e il sindaco Moratti hanno tagliato in questi anni 480 uomini della polizia locale rispetto ai tempi della Giunta Albertini».

LA CONTROREPLICA - «Pisapia e Majorino hanno come sempre perso una buona occasione per fare silenzio», è la pronta controreplica di De Corato. «Mentre bocciano senza appello gli spray al peperoncino, la rossa Genova, dopo una sperimentazione di sei mesi, ha intenzione di estenderne l’uso a tutto il Corpo dei vigili, visti gli ottimi risultati. E un’altra amministrazione di centrosinistra, Modena, lo usa da tempo. Se queste sono fesserie allora sono in buona compagnia». «Lo spray al peperoncino - continua De Corato - è uno strumento di difesa personale, non certo di offesa. Strumento che viene sperimentato proprio per garantire ulteriore sicurezza ai vigili e alle vigilesse, che rappresentano il 30% del Corpo. Un dispositivo che ci è stato chiesto, tra l’altro, anche da una delle più rappresentative sigle sindacali di categoria. Tutto il resto è chiacchiera elettorale».

VIGILI DIVISI - Ma che ne pensano gli stessi vigili? C'è chi saluta la novità con grande soddisfazione, chi invece non nasconde le perplessità. «Finalmente sono arrivati - ha esultato Daniele Vincini, rappresentante della sigla autonoma Sulpm - gli spray sono lo strumento principe per la tutela personale degli agenti: in combinata con il distanziatore lo spray evita il contatto fisico con l'aggressore e scongiura situazioni di maggiore pericolo». Vincini fa parte dell'organizzazione che per prima ha chiesto l'uso degli spray e, come istruttore in tecniche operative, sarà uno dei primi agenti a maneggiare le bombolette nella fase sperimentale. Ma all'entusiasmo del Sulpm fanno da controcanto le proteste della Cgil. «Lo spray è solo un palliativo - ha attaccato Corrado Sciamanna, delegato Cgil - la tutela degli agenti si persegue con la formazione del personale, con l'invio di un maggior numero di uomini nei servizi più delicati e soprattutto evitando di farci svolgere compiti di pubblica sicurezza che toccherebbero ad altri». Più conciliante la posizione della Cisl. «Credo che ogni strumento di difesa sia utile - ha osservato Alfredo Masucci (Cisl) - considerando anche che noi agenti siamo chiamati a svolgere mansioni sempre più variegate. Credo che lo spray possa essere un deterrente in più contro le aggressioni».

Redazione online

11 marzo 2011(ultima modifica: 12 marzo 2011)