venerdì 6 giugno 2008
La concorrenza che serve arriva con il federalismo
Posted on 2:11 PM by DF
di Carlo Lottieri
Le posizioni in tema di federalismo fiscale cominciano a definirsi: e dopo la presentazione di un disegno di legge da parte del ministro Umberto Bossi, ora sono le regioni a prendere posizione. Abbiamo così il presidente lombardo Roberto Formigoni che sta sviluppando una sua rete diplomatica (anche in dialogo con il Pd), mentre pure il Sud si rende conto dell'urgenza della questione. In particolare, molto attivo appare Michele Iorio, presidente del Molise, che pur essendo di centro-destra si è detto disponibile a stringere alleanza con colleghi di sinistra al fine di tutelare il Meridione. Se la discussione si sviluppa però in questo modo, riproponendo vecchie contrapposizioni, si rischia di non andare da nessuna parte. Perché se certo è vero che con la riforma federale della finanza pubblica è destinato a diminuire (come è giusto che sia) il flusso di denaro che oggi raggiunge il Mezzogiorno, la questione cruciale è però un'altra.
I trasferimenti vanno ridotti perché - come tutti sanno - hanno fatto soltanto il male del Mezzogiorno. Da decenni Antonio Martino parla del denaro pubblico come di una droga che progressivamente indebolisce il tessuto sociale delle regioni meridionali, impedendo lo sviluppo di un'economia dinamica e basata sull'imprenditoria privata. Al tempo stesso, però, è del tutto ovvio che tale cambiamento avverrà in maniera graduale e che vi sarà un meccanismo perequativo che, almeno all'inizio, aiuterà le regioni più povere. Il punto allora è un altro.
Quello che al Nord e al Sud gli italiani devono comprendere è che il federalismo fiscale è nell'interesse di tutti, perché qui non si tratta tanto di dividere diversamente la torta, ma di farne crescere le dimensioni. Dare potestà fiscale ai comuni e alle regioni, eliminando o comunque fortemente ridimensionando il sistema dei trasferimenti (la cosiddetta finanza derivata), vuol dire introdurre una forte responsabilizzazione delle classi politiche locali, obbligandole a gestire e a spendere meglio il denaro che i loro elettori verseranno nelle casse degli enti locali. È questo un modo fondamentale per ridurre, se non eliminare, sprechi e clientele.
Ma ancor più importante è che si mettano in concorrenza tra loro le regioni e anche i comuni. Solo in questo modo possiamo sperare di avere tasse più basse (perché questo sarà l'esito della concorrenza) e servizi meglio gestiti. Se un paese federale come la Svizzera ha una tassazione molto inferiore della nostra è soprattutto perché spostandosi da un cantone all'altro si cambia il regime fiscale, e siccome si tratta di piccole realtà spostarsi è facile e poco costoso. Vedere nel progetto federalista soltanto una contrapposizione di egoismi rischia di non far cogliere il dato maggiore: e cioè che grazie a tale riforma l'intero Paese può uscire migliorato nel suo insieme, in condizione di avere classi dirigenti più responsabili, e meglio protetto nei diritti dei singoli, così da poter crescere e svilupparsi.
fonte: Il Tempo, 6 giugno 2008
I trasferimenti vanno ridotti perché - come tutti sanno - hanno fatto soltanto il male del Mezzogiorno. Da decenni Antonio Martino parla del denaro pubblico come di una droga che progressivamente indebolisce il tessuto sociale delle regioni meridionali, impedendo lo sviluppo di un'economia dinamica e basata sull'imprenditoria privata. Al tempo stesso, però, è del tutto ovvio che tale cambiamento avverrà in maniera graduale e che vi sarà un meccanismo perequativo che, almeno all'inizio, aiuterà le regioni più povere. Il punto allora è un altro.
Quello che al Nord e al Sud gli italiani devono comprendere è che il federalismo fiscale è nell'interesse di tutti, perché qui non si tratta tanto di dividere diversamente la torta, ma di farne crescere le dimensioni. Dare potestà fiscale ai comuni e alle regioni, eliminando o comunque fortemente ridimensionando il sistema dei trasferimenti (la cosiddetta finanza derivata), vuol dire introdurre una forte responsabilizzazione delle classi politiche locali, obbligandole a gestire e a spendere meglio il denaro che i loro elettori verseranno nelle casse degli enti locali. È questo un modo fondamentale per ridurre, se non eliminare, sprechi e clientele.
Ma ancor più importante è che si mettano in concorrenza tra loro le regioni e anche i comuni. Solo in questo modo possiamo sperare di avere tasse più basse (perché questo sarà l'esito della concorrenza) e servizi meglio gestiti. Se un paese federale come la Svizzera ha una tassazione molto inferiore della nostra è soprattutto perché spostandosi da un cantone all'altro si cambia il regime fiscale, e siccome si tratta di piccole realtà spostarsi è facile e poco costoso. Vedere nel progetto federalista soltanto una contrapposizione di egoismi rischia di non far cogliere il dato maggiore: e cioè che grazie a tale riforma l'intero Paese può uscire migliorato nel suo insieme, in condizione di avere classi dirigenti più responsabili, e meglio protetto nei diritti dei singoli, così da poter crescere e svilupparsi.
fonte: Il Tempo, 6 giugno 2008
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