martedì 13 maggio 2008
Caso Travaglio
Una volta tanto non sono chiacchiere, e dalle parole si è subito passati ai fatti. È sufficiente infatti, dare una occhiata ai giornali in cerca delle reazioni politiche scaturite dall'ultima - chissà se lo sarà solo in ordine di tempo - apparizione di Marco Travaglio al programma serale di Fabio Fazio. Da sinistra a destra tutti condannano le parole del giornalista. Il Popolo delle Libertà chiede pene "esemplari", Anna Finocchiario del PD lamenta l'assenza del "contraddittorio". Il servizio pubblico non è stato da meno, e sono subito arrivate le scuse di Fazio, la ferma condanna del direttore di Rai Tre, Ruffini e quella del direttore generale Claudio Cappon. Mancano, per ora, giusto le proteste della Domenica Sportiva e dell'ippopotamo di "Affari Tuoi". Finalmente il Paese riparte da punti fermi ed accettati da tutti.
Il primo di questi punti è che il diritto di cronaca va opportunamente ricurvato, in maniera tale che non sia più tanto diritto, se rischia di pungere le parti delicate del Paese.
La cosa più notevole, sebbene non sia purtroppo una novità, del torrenziale can can di dissociazioni, accuse, stigmatizzazioni, condanne, è che in nessuna di queste si è detto che Travaglio mente, che racconta falsità, che i processi e gli atti da lui citati sono inesistenti. Si entra a piedi uniti dappertutto, tranne che nel merito delle questioni sollevate.
I casi sono due. O Travaglio mente nel riferire come documentati e certi rapporti personali e d'affari tra conclamati esponenti mafiosi e la seconda carica dello Stato, oppure no.
E se mente, non importa se in buona fede o meno, lo si quereli, e trascinandolo in giudizio gli si imponga il vero con la forza dei fatti e degli atti. Come lo stesso Travaglio ha ricordato negli studi di Rai Tre, gli avvenimenti da lui citati non sono certo uno scoop od un segreto di stato. Sono stati raccontati da tempo in libri, ed anche da Lirio Abbate, un giornalista che ha subìto minacce ed attentati, che gira sottoscorta che tutti additano ad esempio di eroico giornalismo antimafia.
Allora per cortesia a qualcuno a destra o a sinistra abbia il coraggio di dire che quest'uomo è un contaballe, e magari di revocargli la scorta. Qualcuno potrebbe obbiettare che - accuse di mafia a parte - Travaglio abbia mancato di rispetto alla seconda carica dello Stato, paragonandolo ad una muffa ed un lombrico. Può darsi, e nel caso si proceda per vilipendio, provvedendo magari a mettere al suo fianco nel banco degli imputati chi, all'indomani dell'elezione di Giorgio Napolitano al Quirinale titolò "Comunisti col pannolone" in prima pagina, con tanto di vignetta. Il problema, come si dice sempre quando si parla di queste cose, è un altro.
Sinchè Abbate, Gomez o lo stesso Travaglio scrivono in un libro oppure raccontano in una conferenza di collusioni tra certa mafia e politica, nessuno trova da ridirne. Tanto lo leggeranno in cinquemila e lo ascolteranno in mille. È una soglia fisiologica che si è evidentemente disposti a tollerare. Le cose però cambiano se per caso si ha la sfrontatezza di dirlo in prima serata, di fronte a qualche milione di famiglie che cena davanti al tubo catodico. Tutte persone che non possono avere gli stessi diritti di chi legge un libro, e che rimangono passive a guardare "Che Tempo che fa". Si affacino alla finestra, che volge al brutto.
No Response to "Caso Travaglio"
Posta un commento