sabato 19 aprile 2008
Index of Economic Freedom 2008
Posted on 5:23 AM by DF
Secondo la valutazione che ne abbiamo dato nel 2008, l’economia italiana è libera al 62,5 per cento, il che il Paese al 64º posto nella classifica mondiale della libertà economica. Il punteggio generale dell’Italia è più basso dello 0,2 per cento rispetto al dato dell’anno scorso. Nel dettaglio:
Libertà d’impresa – 76,8%
Nel complesso, la libertà di avviare, gestire e cessare un’attività economica è adeguatamente tutelata dall’ambiente normativo del Paese. Le autorità hanno snellito le relative procedure burocratiche. Avviare un’attività economica richiede in media 13 giorni, rispetto ad una media mondiale di 43 giorni. Ottenere una licenza commerciale richiede un numero di procedure pari a 19, inferiore alla media mondiale, e un periodo di tempo superiore alla media di 234 giorni. Cessare un’attività è abbastanza semplice.
Libertà di scambio – 81%
La politica italiana relativa agli scambi è identica a quella degli altri Stati Membri dell’Unione Europea. Nel 2005, la media ponderata delle tariffe doganali comuni dell’UE equivaleva al 2 per cento. Nelle politiche delle autorità europee si ravvisano tuttavia svariate barriere non tariffarie. Le autorità applicano normative alquanto restrittive in campo farmaceutico e bio-tecnologico, gli acquisti da parte degli enti pubblici non sono trasparenti e favoriscono la corruzione, le barriere all’ingresso al mercato dei servizi possono superare la media europea e la tutela della libertà intellettuale è debole. A causa delle barriere non tariffarie, dal punteggio complessivo dell’Italia in relazione alla libertà degli scambi sono stati detratti 15 punti percentuali.
Libertà fiscale – 54,3%
Le aliquote fiscali italiane sono molto alte. L'aliquota massima dell'imposta sul reddito è pari al 43 per cento, mentre l'imposta sulle società ha un'aliquota massima del 33 per cento. Tra le altre imposizioni fiscali, si annoverano l'IVA, un'imposta sugli interessi e una sulla pubblicità. Nell’ultimo anno, il gettito fiscale complessivo ha raggiunto il livello del 40,4 per cento del PIL.
Libertà dallo Stato — 29,4%
La spesa pubblica complessiva, comprendendo i consumi e le attività di redistribuzione del reddito (pensioni, sovvenzioni, ecc.) è estremamente elevata. Nell’ultimo anno la spesa pubblica ha raggiunto il livello del 48,5 per cento del PIL. Ridurre il deficit di bilancio e il debito pubblico (ancora superiore al 100 per cento del PIL) è una priorità, ma il progresso in questo campo è andato a rilento.
Libertà monetaria — 80,6%
L'Italia fa parte della zona dell'euro. L'inflazione italiana è relativamente bassa, con una media del 2,2 per cento tra il 2004 e il 2006. La relativa stabilità dei prezzi è il principale fattore dell'elevato punteggio per quanto concerne la libertà monetaria. Partecipando alla Politica Agricola Comune dell'Unione Europea, l'Italia offre sussidi alla produzione agricola, distorcendo in tal modo i prezzi dei prodotti agricoli. Le autorità, inoltre, dispongono ancora del potere di imporre controlli sui prezzi. Tra i beni e servizi soggetti a tariffe imposte a livello nazionale dallo Stato vi sono la fornitura di acqua potabile, l'elettricità, il gas, i pedaggi autostradali, i farmaci prescrivibili rimborsabili, le telecomunicazioni e i trasporti interni. In conseguenza di tali politiche, che distorcono i prezzi interni, dal punteggio complessivo del Paese è stato detratto un ulteriore 10 per cento.
Libertà d'investimento — 70%
L'Italia è aperta agli investimenti dall'estero, ma il governo può porre il veto all'acquisizione di imprese italiane che coinvolgano investitori stranieri. A partire dal 2006 il governo Prodi ha bloccato alcuni investimenti in aziende italiane. Gli investimenti dall'estero sono fortemente regolamentati per quanto riguarda il settore della difesa, l'industria aeronautica, l’esplorazione e l’estrazione di idrocarburi, la compagnia aerea di bandiera e le compagnie di navigazione. L’ente Sviluppo Italia sta cercando di attirare investimenti per il tramite di pacchetti di incentivi. Tra i principali incentivi negativi, vanno menzionati il peso eccessivo della burocrazia, l'inadeguatezza delle infrastrutture, la complessità della legislazione e la rigidità del mercato del lavoro. Gli stranieri, inoltre, non possono acquistare terreni adiacenti ai confini nazionali. Peraltro non vi sono ostacoli al rimpatrio di profitti, trasferimenti di fondi, versamenti o trasferimenti correnti.
Libertà finanziaria — 60%
Il credito viene assegnato ai termini stabiliti dal mercato e la partecipazione straniera è ben accetta. Il numero di banche di proprietà statale si è fortemente ridotto e oggi non restano che tre importanti istituti finanziari (la Cassa Depositi e Prestiti, Bancoposta e l’Istituto per il Credito Sportivo). Le sei banche più grandi contano per oltre il 54,6 per cento degli asset complessivi, sebbene la concentrazione in tale settore risulti inferiore che nel resto d’Europa. Le normative e i divieti possono risultare onerose e ottenere il controllo di un istituto finanziario richiede l'approvazione delle autorità pubbliche. Verso la fine del 2005 è stata promulgata una legislazione mirante a migliorare il sistema normativo. Il mercato assicurativo italiano è il quarto in Europa. Il governo sta cercando di rivitalizzare il mercato dei capitali.
Diritti di proprietà — 50%
I diritti di proprietà e i contratti sono tutelati, ma le vertenze giudiziarie sono lente e numerose aziende preferiscono giungere ad un accomodamento extra-giudiziario. Numerosi giudici sono politicamente orientati. La tutela dei diritti di proprietà è più debole di quanto non sia il caso in altri Paesi dell’Europa occidentale.
Libertà dalla corruzione — 49%
L'esistenza della corruzione viene nettamente avvertita. Sui 163 Paesi classificati nell'edizione del 2006 del Corruption Perceptions Index di Transparency International, l'Italia occupa il 45º posto. La corruzione è più comune di quanto non sia il caso in altri Paesi europei e gli italiano ritengono che i settori relativi agli investimenti siano particolarmente colpiti.
Libertà del lavoro — 73,5%
Le normative sull’occupazione, relativamente flessibili, potrebbero essere ulteriormente migliorate al fine di aumentare le opportunità d’impiego e la crescita della produttività. i costi non salariali di un lavoratore dipendente sono decisamente elevati, ma licenziare un dipendente in eccesso può essere agevole. Le normative sull’orario di lavoro sono relativamente rigide.
Libertà d’impresa – 76,8%
Nel complesso, la libertà di avviare, gestire e cessare un’attività economica è adeguatamente tutelata dall’ambiente normativo del Paese. Le autorità hanno snellito le relative procedure burocratiche. Avviare un’attività economica richiede in media 13 giorni, rispetto ad una media mondiale di 43 giorni. Ottenere una licenza commerciale richiede un numero di procedure pari a 19, inferiore alla media mondiale, e un periodo di tempo superiore alla media di 234 giorni. Cessare un’attività è abbastanza semplice.
Libertà di scambio – 81%
La politica italiana relativa agli scambi è identica a quella degli altri Stati Membri dell’Unione Europea. Nel 2005, la media ponderata delle tariffe doganali comuni dell’UE equivaleva al 2 per cento. Nelle politiche delle autorità europee si ravvisano tuttavia svariate barriere non tariffarie. Le autorità applicano normative alquanto restrittive in campo farmaceutico e bio-tecnologico, gli acquisti da parte degli enti pubblici non sono trasparenti e favoriscono la corruzione, le barriere all’ingresso al mercato dei servizi possono superare la media europea e la tutela della libertà intellettuale è debole. A causa delle barriere non tariffarie, dal punteggio complessivo dell’Italia in relazione alla libertà degli scambi sono stati detratti 15 punti percentuali.
Libertà fiscale – 54,3%
Le aliquote fiscali italiane sono molto alte. L'aliquota massima dell'imposta sul reddito è pari al 43 per cento, mentre l'imposta sulle società ha un'aliquota massima del 33 per cento. Tra le altre imposizioni fiscali, si annoverano l'IVA, un'imposta sugli interessi e una sulla pubblicità. Nell’ultimo anno, il gettito fiscale complessivo ha raggiunto il livello del 40,4 per cento del PIL.
Libertà dallo Stato — 29,4%
La spesa pubblica complessiva, comprendendo i consumi e le attività di redistribuzione del reddito (pensioni, sovvenzioni, ecc.) è estremamente elevata. Nell’ultimo anno la spesa pubblica ha raggiunto il livello del 48,5 per cento del PIL. Ridurre il deficit di bilancio e il debito pubblico (ancora superiore al 100 per cento del PIL) è una priorità, ma il progresso in questo campo è andato a rilento.
Libertà monetaria — 80,6%
L'Italia fa parte della zona dell'euro. L'inflazione italiana è relativamente bassa, con una media del 2,2 per cento tra il 2004 e il 2006. La relativa stabilità dei prezzi è il principale fattore dell'elevato punteggio per quanto concerne la libertà monetaria. Partecipando alla Politica Agricola Comune dell'Unione Europea, l'Italia offre sussidi alla produzione agricola, distorcendo in tal modo i prezzi dei prodotti agricoli. Le autorità, inoltre, dispongono ancora del potere di imporre controlli sui prezzi. Tra i beni e servizi soggetti a tariffe imposte a livello nazionale dallo Stato vi sono la fornitura di acqua potabile, l'elettricità, il gas, i pedaggi autostradali, i farmaci prescrivibili rimborsabili, le telecomunicazioni e i trasporti interni. In conseguenza di tali politiche, che distorcono i prezzi interni, dal punteggio complessivo del Paese è stato detratto un ulteriore 10 per cento.
Libertà d'investimento — 70%
L'Italia è aperta agli investimenti dall'estero, ma il governo può porre il veto all'acquisizione di imprese italiane che coinvolgano investitori stranieri. A partire dal 2006 il governo Prodi ha bloccato alcuni investimenti in aziende italiane. Gli investimenti dall'estero sono fortemente regolamentati per quanto riguarda il settore della difesa, l'industria aeronautica, l’esplorazione e l’estrazione di idrocarburi, la compagnia aerea di bandiera e le compagnie di navigazione. L’ente Sviluppo Italia sta cercando di attirare investimenti per il tramite di pacchetti di incentivi. Tra i principali incentivi negativi, vanno menzionati il peso eccessivo della burocrazia, l'inadeguatezza delle infrastrutture, la complessità della legislazione e la rigidità del mercato del lavoro. Gli stranieri, inoltre, non possono acquistare terreni adiacenti ai confini nazionali. Peraltro non vi sono ostacoli al rimpatrio di profitti, trasferimenti di fondi, versamenti o trasferimenti correnti.
Libertà finanziaria — 60%
Il credito viene assegnato ai termini stabiliti dal mercato e la partecipazione straniera è ben accetta. Il numero di banche di proprietà statale si è fortemente ridotto e oggi non restano che tre importanti istituti finanziari (la Cassa Depositi e Prestiti, Bancoposta e l’Istituto per il Credito Sportivo). Le sei banche più grandi contano per oltre il 54,6 per cento degli asset complessivi, sebbene la concentrazione in tale settore risulti inferiore che nel resto d’Europa. Le normative e i divieti possono risultare onerose e ottenere il controllo di un istituto finanziario richiede l'approvazione delle autorità pubbliche. Verso la fine del 2005 è stata promulgata una legislazione mirante a migliorare il sistema normativo. Il mercato assicurativo italiano è il quarto in Europa. Il governo sta cercando di rivitalizzare il mercato dei capitali.
Diritti di proprietà — 50%
I diritti di proprietà e i contratti sono tutelati, ma le vertenze giudiziarie sono lente e numerose aziende preferiscono giungere ad un accomodamento extra-giudiziario. Numerosi giudici sono politicamente orientati. La tutela dei diritti di proprietà è più debole di quanto non sia il caso in altri Paesi dell’Europa occidentale.
Libertà dalla corruzione — 49%
L'esistenza della corruzione viene nettamente avvertita. Sui 163 Paesi classificati nell'edizione del 2006 del Corruption Perceptions Index di Transparency International, l'Italia occupa il 45º posto. La corruzione è più comune di quanto non sia il caso in altri Paesi europei e gli italiano ritengono che i settori relativi agli investimenti siano particolarmente colpiti.
Libertà del lavoro — 73,5%
Le normative sull’occupazione, relativamente flessibili, potrebbero essere ulteriormente migliorate al fine di aumentare le opportunità d’impiego e la crescita della produttività. i costi non salariali di un lavoratore dipendente sono decisamente elevati, ma licenziare un dipendente in eccesso può essere agevole. Le normative sull’orario di lavoro sono relativamente rigide.
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